Marco Rea, pietra miliare della Musica a Terni.
Marco Rea, un uomo che ha la poesia nel sangue, la musica nel cuore e…
Alla tenera età di 7 anni, vista la mia propensione alla musica ed al canto, mia madre pensò di farmi partecipare alle selezioni dello Zecchino d’Oro, con una canzone di cui non rivelerò mai il titolo, neanche sotto tortura, tanta è la vergogna… vi confido solamente che è peggio, ma molto peggio, del Pulcino Pio… ed ho detto tutto! Comunque, questo preambolo non è per parlare di me, ma per confessare, e non è un segreto, che la passione per il canto mi è rimasta dentro e mi ha portato a fare, anche, il cantante di pianobar .
Una ventina di anni fa, con un mio carissimo amico ed ottimo pianista, nonché compositore, Danilo Viola, reduce dal CET di Mogol, ci siamo ritrovati nella sua stanza, davanti al suo pianoforte, nero e lucente… e lui mi fa: “Massy, senti un po’ questa musica che ho scritto?”.
Cominciò a pigiare quei tasti e, miscelando quelli neri con quelli bianchi, comiciò a creare un’armonia che mi rapì il cuore e l’attenzione… non gli diedi il tempo di dire nulla e gli dissi: “Dany, dammi carta e penna e ricomincia a suonare da capo…”
Nel tempo di un sogno, scrivemmo la nostra prima e, purtroppo, unica canzone in collaborazione, ma venne fuori un pezzo emozionante… ora mancava solamente di dare, a questo nostro figlio, un abito tanto bello da sembrare serio.
Decidemmo di farla arrangiare ed il padre di Danilo ci instradò, mandandoci dal rinomato Marco Rea.
Io l’avevo sentito e visto qualche volta e, per me, che ero estraneo al mondo della musica professionistica… nel senso che mi limitavo a cantare nei garage con gli amici, nel vero senso del termine, mi sembrava di andare a far arrangiare il nostro pezzo da una vera e propria Star… ed, in fondo, non avevo torto!
Entrammo per la prima volta in un vero studio di registrazione… era situato in un fabbricato della zona industriale di Terni, e, dall’esterno, non lasciava affatto trasparire il prezioso contenuto.
Timidi, giovani, inesperti ed ammirati, incontrammo subito una delle pietre miliari ternane, di cui Vi racconterò un’altra volta, Riccardo Ciaramellari… pianista figlio d’arte e della musica.
Con lui imparai subito una nozione nuova… “l’orecchio assoluto”… un dono che Riccardo ha… la capacità di riconoscere ogni singola nota, solamente sentendola suonare o cantare.
Mentre Riccardo si attrezzava con carta e penna, disse a Danilo ed a me…: “Danilo, mettiti alla tastiera e tu Max cantala…” e mentre noi eseguivamo il brano, lui, difronte a noi, scriveva di getto tutti gli accordi.
Nel tempo di una canzone avevamo tutta la partitura pronta per essere risuonata ed arrangiata.
Cominciò così il “tour de force” che durò un intero giorno ed un’intera notte… ma il nostro entrare nel mondo dei musicisti veri non terminò con il grande Ciaramello (come lo chiamo io, ogni tanto). In quell’occasione, tutte le linee di basso e batteria vennero curate dal grandissimo Giovanni Chirchirillo detto anche Chicchi… un tipo eccezionale anche lui, con i capelli raccolti in una lunga coda di cavallo che fluiva sulle spalle ed una discreta pancetta su cui appoggiare il basso, ma che ora non ha più.
Loro erano personalità che avevano collaborazioni importanti, con la Bertè, con i Pooh e con molti altri ed, ancora oggi, essendo professionisti, continuano ad avere collaborazioni degne di nota, una per tutte… Simone Cristicchi.
Ricchi di gentilezza, voglia di fare, e pieni di rispetto per chi si affacciava a questo mondo, tanto da farci quasi sentire al loro stesso livello, crearono, in un vero e proprio full immersion, quello che per me era un vero e proprio capolavoro… ma mancava ancora qualcosa.
Mancavano le chitarre, mancava un assolo, anche piccolo, ma mancava.
Dopo ore ed ore trascorse chiusi dentro lo studio, tra caffè, qualche birra, un panino e molte sigarette, ancora non avevo avuto il piacere di conoscere “ ’sto benedetto” Marco Rea… tutti parlavano di lui a Terni ed in buona parte dei territori umbri e laziali ed io, che praticamente stavo a casa sua da ore, non l’avevo ancora visto.
Tutto ad un tratto entra in studio un tipo, imponente, ma non troppo, con i riccioli gestiti sapientemente dal gel, profumato quanto bastava, vestito da “artista”, come direbbe mia moglie, con qualche dozzina di bracciali ai polsi ed uno sguardo serissimo.
Ci salutò con una stretta di mano possente, ma già dal suo saluto si era percepito che il suo aspetto, che poteva apparire burbero, in realtà celava una persona “piena di cuore”.
E’ bastato il tempo di un ascolto, il tempo di imbracciare la chitarra ed, in quattro e quattro otto, aveva suonato la chitarra d’accompagnamento, la chitarra distorta e la chitarra solista… poi… con un “bravi ragazzi” si congedava… “Ci vediamo domani per le voci… voi andate avanti con il resto… Ciao!”
Un’apparizione da vera star… da uno di quelli che non si concedono facilmente alle persone.
Questa è stata la prima volta che ho incontrato Marco Rea, ma poi ci siamo visti e rivisti e siamo diventati amici, almeno per un po’ o, forse, per un po’ siamo stati grandi amici… Ora siamo semplicemente amici, ma c’è un immenso rispetto tra di noi.
Lui è realmente un sognatore, un uomo che vive di vita e di emozioni… un uomo che ha la poesia nel sangue, la musica nel cuore e il senso delle cose nel cervello.
Sono trascorsi molti anni da quel primo incontro, da quando abbiamo pescato insieme sugli scogli di Porto Potenza Picena… ah, si, la pesca è un’altra delle sue immense passioni… una di quelle passioni che sono ì mattoncini di cui è composta sua persona… perché Marco Rea è una di quelle magnifiche persone che cerca se stesso: in un bambino che si siede ai piedi del suo palco, in un raggio di sole che si staglia in un vetro rotto e proietta una luce differente, in un mare che scivola quasi stanco sul bagnasciuga… Marco Rea è uno di quelli che ascolta e riascolta e riascolta ancora l’assolo di chitarra de’ “gli angeli” perché: “… bisogna essere sovrumani per creare una cosa come questa…”
Anni ed anni dedicati alla musica, scelte difficili per seguire la vita che ha sentito sua da sempre, sacrifici e soddisfazioni, talenti scovati e fatti crescere secondo le loro possibilità, ed oggi è ancora lui a suonare nei locali, a far cantare chi sogna di essere un cantante, almeno per il tempo di una canzone, ancora lui che racchiude in se un po’ di Peter Gabriel, misto a Santana, Pino Daniele, Vasco, Hendrix e tutti quei pilastri della musica che lo hanno portato ad essere, come lo chiamano a Terni, “Lu Rea”.
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